Uno studio, pubblicato su Lancet eBioMedicine, ha portato alla luce una possibile causa del danno polmonare provocato da SARS-CoV-2.
La ricerca è partita dai risultati delle autopsie dei pazienti deceduti per COVID-19 ed ha coinvolto scienziati italiani dell’ICGEB, del King’s College London, e dell’Università di Trieste.
I risultati mostrano le caratteristiche che contraddistinguono la polmonite da COVID-19 e che potrebbero essere tra le cause della difficoltà di molti pazienti nel ritorno alla normalità dopo la malattia (la cosiddetta “sindrome del COVID lungo”).
Il team di ricerca guidato da Mauro Giacca ha coinvolto anche l’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Trieste. I ricercatori hanno analizzato i tessuti polmonari di 41 pazienti deceduti nel capoluogo giuliano per COVID-19 da febbraio ad aprile scorsi. Le autopsie hanno mostrato un danno polmonare molto esteso nella maggior parte dei casi, con diversi pazienti che mostravano una sostituzione del tessuto respiratorio del polmone con un tessuto cicatriziale e fibroso. “Eseguo almeno 600 autopsie ogni anno da 25 anni, di cui più di 100 di pazienti deceduti per vari tipi di polmoniti, ma non ho mai visto prima un danno così esteso e con queste caratteristiche” ha affermato Rossana Bussani, dell’Università di Trieste, prima firmataria dello studio.
Ma sono stati trovati altri due gli aspetti inattesi e specifici dei polmoni nei pazienti con COVID-19. Il primo è la presenza diffusa di trombi nelle arterie e vene polmonari, trovati in quasi il 90% dei pazienti e causati da una anomala coagulazione nei polmoni. Il secondo è la presenza di cellule molto grandi e con molti nuclei, infettate dal virus. Queste derivano dalla capacità della proteina Spike del virus (quella che conferisce alle particelle virali la caratteristica forma a corona) di stimolare la fusione delle cellule infettate con quelle vicine.
“Queste osservazioni sono molto interessanti” afferma Giacca “la persistenza del virus per tempi molto lunghi dopo l’infezione e la presenza di questi sincizi, queste cellule fuse, possono spiegare perché il virus causi tanta infiammazione e trombosi”. Serena Zacchigna, dell’ICGEB e Università di Trieste, sottolinea “COVID-19 non è soltanto una malattia causata dalla morte delle cellule infettate dal virus, come per altre polmoniti, ma anche dalla persistenza nei polmoni di queste cellule anormali infettate”.
Una nuova classe di farmaci potrebbe impedire la formazione di questi sincizi indotti dalla proteina Spike e stimolare l’eliminazione del virus bloccando anche la trombosi. Nei laboratori del King’s College a Londra diretti da Giacca questa ricerca è già iniziata.
L’articolo dal titolo “Persistence of viral RNA, pneumocyte syncytia and thrombosis are hallmarks of advanced COVID-19 pathology” è uscito sulla rivista scientifica EBioMedicine il 3 novembre 2020.